Un tempo, tra i nostri monti, molti
lavoratori, “gli scalpellini”, erano dedicati alle varie
fasi di produzione e lavorazione della roccia arenaria,
di cui è ricco il territorio della Laga.
Attualmente, se si esclude l’ultimo scalpellino
arroccato a Frattoli, sono tutti scomparsi, tra i flussi
migratori, senza lasciare traccia, gran parte di loro
definitivamente convertiti all’arte del muratore in
qualche paese del mondo.
Eppure basta visitare alcuni dei
paesi sparsi ed abbandonati fra i Monti della Laga,
soffermarsi davanti ad un muro diroccato o un portale di
una chiesa, osservare i conci di spigolo, perfettamente
squadrati e che per anni, inutilmente, hanno mantenuto
retti i muri, portali con architravi funzionali e spesso
arricchiti da mirabili decorazioni per immaginare questi
lavoratori intenti a cavare la pietra e lavorarla
secondo tradizioni e strumenti tramandati oralmente e
praticamente dai maestri agli allievi.
E’ evidente che le condizioni di
vita e le esigenze del passato non possono trovare
repliche ma perché la tradizione e la conoscenza non
vengano definitivamente perdute, per dare seguito ai
tanti progetti di recupero dei borghi con l’utilizzo di
materiali originali ed anche per misurarsi con quei
territori che non hanno mai smesso di commercializzare
questo prodotto, è necessario che la recente iniziativa
intrapresa da parte del Comune di Crognaleto di riaprire
la coltivazione della pietra arenaria nel territorio di
San Giorgio trovi adeguati sostegni da parte delle
istituzioni.
Una maggiore conoscenza di questo
materiale, il recupero delle capacità produttive e
lavorative potrebbero contribuire all’incremento della
domanda e quindi all’aumento occupazionale; anche questo
potrebbe essere un piccolo passo per dare nuove vitalità
alle nostre popolazioni montane. |