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Annunziata Scipione  - Alcune Opere 

Scheda Alcune Opere |  Vocabolario Dialettale

OPERA 68
LA RAMIERA
(70x50) 1984

Descrizione

Nelle comunità arcaiche, nella protostoria, chi era padrone della metallurgia e della metallotecnica deteneva saldamente il potere; e parrebbe che l'autrice sia in tutto conscia di questo arcano se riesce a rendere - nel tema suggerito dalla necessità di completare il romanzo del tempo che fu - l'ingegno, la forza, il misterico tramenio che contraddistinguono quest'antica officina, dove gli uomini, la donna, il ragazzo paiono sacerdoti intenti al rituale, nel fracasso intermittente dei magli idraulici. Quei bianchi sono notazioni di adulta sapienza, ed avvivano la scena in cui l'esterno, il marchio della pittrice, è dato da quel cane a lei caro, da quel tacchino in fuga che starnazza spaventato.

Nomenclatura-folk

Fin verso la metà del secolo scorso i calderai di Chiarino e circondario si fornivano di materie prime presso l'antica «ramire de Chiarine», detta anche «de Runzane»; era situata a circa mezz'ora di cammino sulla sponda sinistra del Mavone, poco prima della confluenza Chiarino-Mavone ed a circa un chilometro dalla celebre Chiesa di S. Maria di Ronzano; s'ignora l'epoca esatta del suo abbandono. Ora è semidiroccata e coperta selvaggiamente dalla vegetazione; nel sopralluogo fatto nella zona col Sig. Ettore Di Pasquale il 15 sett. 1984, fu potuta individuare in base alle precise indicazioni dell'ottuagenario Sig. Francesco Bucci, del Bivio Castelcastagna; avventurandosi nell'interno, si riscontrò tra l'altro il luogo della fucina con ancora in situ tubi di ventilazione in terra cotta di tipo arcaico. Un grosso maglio in ferro che vi funzionava ab immemorabili, nel 1857 o poco prima passò a quella di Villa Tordinia presso Teramo, località appunto denominata «La Ramire» fino a pochi anni fa: sulla sponda destra del Tordino rappresenta l'ultima espressione di un prestigioso artigianato, che con mezzi empirici ma ingegnosi al massimo, si ricollega per diretta ascendenza ai ramai etruschi (l'Etruria era famosa per le miniere di rame e sua lavorazione), i quali ne introdussero la lavorazione nella Valle Siciliana.

Oggi l'ultimo esponente di un millenario artigianato locale è il Sig. Luigi Mercuri, che nella tela sta sagomando caldaie al maglio, mentre la sua coraggiosa Sig.ra Elsa Broccolini ne avvia il movimento azionando la leva per l'immissione dell'acqua; egli vi è addetto dal 1936, quando ancora vi lavoravano a turni continui una ventina di operai, ai quali erano destinate le numerose camere soprastanti al mulino. L'omonimo nonno Luigi iniziò a lavorarvi nel 1896, e nel 1950 la famiglia Mercuri entrava per 1 /4 nella proprietà; dal 1967, quando il cugino Giacinto Mercuri tentò migliore fortuna all'estero, vi è rimasto il solo Luigi unicamente coadiuvato dalla sua davvero «forte e gentile» Signora.

Il gigantesco fuso di quercia (asse azionante i magli) vi fu trasportato da Campovalano su apposito carrello di legno, trainato da varie pariglie di bovi, e per piazzarlo fu aperta una feritoia sul muro, come tuttora si può vedere; invece sul luogo di origine sono ancora visibili alcuni pochi esemplari di una rara e

slanciata varietà di quercia, utilizzata in antico per assi meccanici e travature di vaste proporzioni.

 

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