i primi metodi:
la pestatura
La pestatura
e la macinazione
del grano, temi d’indubbio ampio respiro, sono
necessariamente da inquadrare in ambiti più estesi,
collegati ai tradizionali cibi abruzzesi a base di
cereali, che ci accompagnano nell’alimentazione quotidiana
da tempi remotissimi. Si parla delle semplici
granaglie cotte, arrostite e pestate, dei
piatti a base di farine (zuppe, polente
di mais, paste asciutte e in brodo, riso,
piatti con avena, farro, orzo, ecc.),
di schiacciate, focacce di pane
e pane in senso lato.
In passato, il regime alimentare delle popolazioni che
facevano parte integrante prima del dominio greco e poi di
quello romano, era composto essenzialmente da poco pane,
zuppe di grano e/o orzo con o senza verdure, pesce ed
aromi naturali
1. In sostanza,
mentre oggi i cereali in generale assolvono all’importante
ruolo di provvedere, insieme alle foraggiere, alle
esigenze nutritive degli animali, in antico il
triticum (ossia ciò che è macinato, di
solito grani per pasta e semolino) e il siligo
(grani per la fabbricazione del pane) erano i veri
elementi basilari dei pasti giornalieri.
Fu proprio in epoca romana ad avvenire un
fondamentale cambiamento di tipo economico circa la
produzione di grano e orzo, motivato da un fattore
decisivo quale il costo del trasporto, assai elevato per
un genere di così largo consumo e così poco valore come il
grano. In definitiva, risultava assai più conveniente
farlo arrivare a Roma via mare dall’Egitto, dagli altri
paesi africani affacciati sul Mediterraneo e dalla
Sicilia, piuttosto che via terra da regioni limitrofe
2. I contadini,
pertanto, si videro costretti a differenziare man mano le
coltivazioni preferendone altre più redditizie, come i
cereali da foraggio (ad esempio, l'orzo).
è però importante
sottolineare che, durante l’Impero romano, al miscuglio di
crusca e farina usato nelle cucine si giungeva attraverso
precarie lavorazioni (pestatura, setacciatura, ecc.),
eseguite con attrezzi rudimentali che fornivano un
risultato molto scadente sul piano qualitativo. Solo in un
secondo tempo s'introdussero setacci capaci di
vagliare in maniera più precisa il grano triturato. Nella
Naturalis Historia, Plinio ricorda che "in
Gallia hanno inventato stacci di crini di cavallo, in
Spagna vagli e stacci di lino, in Egitto di papiro e di
giunco"
3.
Ma al di là delle tecniche di cui si discorrerà in seguito,
la cosa che deve maggiormente far riflettere è
l’assoluta
mancanza di igiene nei
processi lavorativi
(pulizia dei semi prima delle lavorazioni): il
grano, trebbiato sull’aia dagli animali (cavalli, asini,
buoi), non poteva che essere intriso di feci e deiezioni
in gran quantità
4.
Per la preparazione dei cibi a base di cereali si
adoperavano invece oggetti e strumenti che, pur di
tipologia grossolana, trovano ancora riscontro nelle
campagne abruzzesi, e in particolare teramane. Si tratta,
appunto, di attrezzi per la macinazione e la
pestatura, quest’ultima realizzata dentro mortai
in cui i cereali venivano semplicemente frantumati e/o
schiacciati, non macinati; i mortai di
legno o pietra composti da una mazza (pestello)
5 e uno
sfarratore (mortaio vero e proprio)
rappresentano degli autentici prototipi per tale antica
tecnica
6.
Il loro uso comportava di fatto la stretta combinazione
tra macinazione e pestatura
7, che nel
Neolitico si eseguivano separatamente: i cereali venivano
in precedenza decorticati mediante la pestatura e quindi
macinati
per ottenere la farina. La raffigurazione di un
molino egiziano (2000 a.C.), proveniente da una
tomba di Assuan in Egitto, mostra ad esempio i
diversi livelli di pestatura necessari per ricavare una
buona farina.
Nonostante le attenzioni del caso, la farina comunque
rimaneva sempre piena di chicchi di grano interi o
malamente frantumati, polvere e detriti di mortaio, a cui
si aggiungeva la cenere derivante dalla cottura delle
focacce sulla pietra: tutti fattori che, nell’insieme,
causavano notevoli livelli di corrosione dentale agli
incauti consumatori
8.
Anche quando nel mondo romano la macinazione del grano
diventò praticamente d’uso comune per preparare il pane, i
fornai continuavano a chiamarsi pistores, in
ricordo delle lavorazioni eseguite con mortaio e pestello
9.
I mortai possono distinguersi, in base al materiale con
cui erano costruiti, in:
mortai di legno, col pestello (mazza)
dalle estremità che presentavano in genere diverse forme,
a seconda che si dovessero pestare i chicchi di grano (testa
munita di anello di ferro) oppure i peperoni forti,
precedentemente essiccati (testa munita di chiodi di
ferro con grosse teste);
mortai di pietra,
ormai quasi completamente dimenticati per la loro funzione
originaria, dato l'attuale utilizzo come oggetti
d’antiquariato o altri usi (preparazione di colle da
falegname ed altre miscele)10. |
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Foto 1: Scena di
pestatura del grano con mortai in un di molino
egiziano. Da una tomba di Assuan (2000 a.C.)
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Fig. 1: Mazza
e sfarratore in legno tipico del sud dell'Abruzzo (Palmoli).
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Fig. 2:
Mortaio in pietra diffusa in Abruzzo, con pestello in
legno.
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Foto 2:
Mortaio in legno con pestello nella collezione privata
Olivieri a Penna S.Andrea. |
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NOTE :
1 Singer
C., Holmyard E. J., Hall
A. R.,
Williams T. I., Storia della Tecnologia, cit.,
Volume II, Tomo Primo, Cap. 4, Par. 1 "Alimenti e bevande"
di R. J. Forbes, pag. 106.
2 Dopo
circa 160 Km di trasporto il prezzo di un prodotto si
raddoppiava. Cfr.
Singer C.,
Holmyard E.
J., Hall A.
R., Williams T. I., ibidem.
3 Gaio
Plinio Secondo, Naturalis Historia, cit.,
Libro XVIII - 108, "I Cereali", pag. 723.
4 Ved.
in questo volume, al cap. 4 (L'apparato tecnologico
tradizionale per la cerealicoltura), la sezione
"Strumenti e attrezzi per la lavorazione dei cereali - La
trebbiatura).
5 “La
spiga di farro abbrustolito viene schiacciata da un
pestello con la punta di ferro dentro un tubo dentellato,
che ha all’interno una stella dentellata anch’essa, così
che, se per caso pigiano con troppa forza, i grani vengono
solo scheggiati ed il ferro si spezza”. Da
Gaio Plinio Secondo, op. cit., Libro XVIII - 108 "I
Cereali", pag. 719.
6 Scheuermeier
P., op. cit., Vol.
I, pag. 178.
7 Donner
Maddalena - Marzoli
Catrin, "La macinazione. Evoluzione delle tecniche
e degli strumenti", in AA. VV., Il grano e le macine -
La macinazione dei cereali in Alto Adige dall’antichità al
Medioevo, Editore Museo Provinciale di Castel Tirolo,
Tirolo, Aprile 1994.
8 Madureri
E., Storia della macinazione dei cereali,
cit., Vol. I: "Tecnologia della macinazione", p. 10.
9 Singer
C., Holmyard E. J., Hall
A. R.,
Williams T. I., op. cit., pag. 106.
10 Scheuermeier
P., op. cit., pag. 178. |