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   Pastorizia e Transumanza

Bibliografia

Album Fotografico

Nell’agosto 1573, Francesco De Marchi Capitano del genio militare di Bologna, al seguito di Margarita d’Austria, soggiornante nella città di L’Aquila,  ascese per la prima volta il Corno Grande. E dalla vetta, dove con grande fatica era giunto, accompagnato dai cacciatori di “camozze” di Assergi, ci descrive la sottostante pianura di Campo Imperatore, che egli chiama Campo “Radduro”:

In questa pianura vi vengano gran quantità di bestiame à pascolare, massime pecore. Dico che passano sessanta o sett’anta mila pecore che qui vengono à pascolare. Cominciano ad entrare il dì S.Giovanni, e vi stanno per tutto luglio, poi bissogna partire per lo gran Freddo che vi fa. Questa pianura trà altissimi monti fa un bellissimo vedere. Quando i pastori vi sono con gli animali à pascolare par esser’uno esercito grossissimo à vedere tante capanne e tante tende, massime la sera quando tutte anno acceso i Fuochi; poi à vedere le mora di pecore, capre, cavalle, vacche, e buovi, dico che è cosa rarissima da vedere si come si puol considerare nel dissegno.

Dunque l’attività della pastorizia in passato era un’attività importantissima per la gente di montagna. Migliaia e migliaia di pecore erano radunate in questo grande pianoro d’alta quota. Ed altre milizia di pecore pascolavano  su per le valli della montagna teramana, sui prati pascoli della Laga e del Gran Sasso e prima  del periodo invernale migravano, seguendo le vie della transumanza, gli antichi “tratturi”, verso i pascoli miti delle Puglie e della campagna romana. 

Il formaggio pecorino

Il latte appena munto viene filtrato con una tela di lino e fatto cagliare con un estratto naturale di stomaco di suino allevato tradizionalmente. La ricetta del caglio fatto in casa è diversa da famiglia a famiglia e ripropone l’antico connubio tra la pecora e il maiale, tanto caro alla civiltà contadina e gastronomica abruzzese.
La cagliata viene rotta a mano in grani piccoli e posti nella fiscella di vimini intrecciati dove asciugherà per quasi un giorno e successivamente salata in superficie.
Comincia il paziente lavoro di stagionatura in formaggiere di legno e poi ancora in vecchie madie e bauli antichi, sempre di legno.
Le forme vengono periodicamente girate e unte con olio di oliva e aceto per formare la tipica crosta protettiva.
Dopo circa tre mesi il formaggio è già ottimo, intensamente profumato di erbe e di latte, con aroma deciso e persistente, friabile e morbido. Va tenuto in bocca per un po’ per far sprigionare tutte le essenze che ne compongono il sapore.
Il gusto è forte ma non urta il palato: antico, grezzo all’inizio e poi generoso e sorprendente, come le montagne d’Abruzzo.
Si produce in quasi tutti i centri della montagna teramana, particolarmente nei paesi dei Monti della Laga.

il testo è di Silvio Di Eleonora
 

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