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Annunziata Scipione  - Alcune Opere 

Scheda Alcune Opere |  Vocabolario Dialettale

OPERA 60
IL CALDERAIO
(80x60) 1982

Descrizione

Eravamo ancora all'eneolitico, all'età del rame; e il prezioso malleabile metallo, ottimo conduttore del calore, faceva bollire presto i paiuoli e le cuccume al focolare, scaldava d'un subito i grandi caldai per le mostarde e conserve, per il mosto cotto, per il sapone fatto in casa; ma bastava una forchetta, un sassolino, o anche l'uso e la pulizia continuati, a sfondare i grandi recipienti, e quelli piccoli, e le conche, le «maniere», le caffettiere; cosicché il calderaio saliva di quando in quando dalle «ville» sparse del Chiarino con i ferri del mestiere ed otturava i buchi, stagnava le pentole. La memoria ancora una volta non ci ha traditi; e le pecorelle assistono con noi all'arrivo del demiurgo, nel caldo paesaggio ritmato sull'ocra e sul giallo.

Nomenclatura-folk

Nella vicina borgata di Chiarino (dall'etrusco Clarena) è tuttora fiorente la lavorazione artigianale del rame, che insieme alla toponomastica dell'intero comprensorio, sembra sia stata introdotta da una immigrazione (o fuga?) etrusca alcuni secoli a.C.

Il tinnire dei rami e degli strumenti sulle spalle del calderaio (lu callarare), costituisce insieme un richiamo, una curiosità ed un piccolo spettacolo nel chiuso ambiente del contado. La lucentezza dei rami e i fregi che li ornavano spesso costituivano un irresistibile invito alle massaie per la casa, e alle ragazze in vista del futuro corredo. Nella tela il calderaio ha riassettato una caldaia annerita dall'uso.

Nota - Nei secoli passati i ramai o calderai di Chiarino esportavano oggetti e manodopera qualificata in una vasta zona dell'Italia centrale, fino a raggiungere Agnone, celebre per l'antica fonderia di campane dei Marinelli.

Le famiglie che nel circondario hanno esercitato ab immemorabili l'arte del ramaio sono: i f.lli Fedeli, gli Urbani, i Vignoli, ecc.; tra essi oggi si distingue a Chiarino l'artigiano Angelo Di Girolamo, che tra l'altro ha conseguito premi e riconoscimenti in esposizioni regionali e nazionali. In seguito alla crisi della seconda guerra mondiale, alle leggi assurde sull'apprendistato ed al rapido cambio di civiltà, tale benemerito artigianato si va sempre più assottigliando.

Ecco la lista completa degli attuali artigiani ancora operanti nella zona:

a) Chiarino: Angelo Di Girolamo (che ringrazio per tante preziose notizie);
b) Palozza: Achille Urbani, Fausto e Domenico Vignoli, Aldo Tudini; c) Tossicia: Goffredo Di Giovanni;
d) Padùli: non esercitano più per anzianità Sante Urbani, Angelo e Pierino Fabbiello; e) Azzinano: Guerino Franchi. 

Come noto, l'industria oggi produce in serie persino le conche, anche se del tutto amorfe, lucide e prive di ogni tocco di martello; per sopravvivere, nell'Italia centrale qualche artigiano acquista tali conche, e dopo qualche tocco e tratteggio le rimette in commercio; alcuni altri vi dedicano un tempo quasi uguale, ripetendovi l'intera gamma dei disegni tradizionali con un risultato che solo gli esperti sanno distinguere; alcune macchine simulano persino i colpi di martello, producendo autentiche «bidonate» (almeno sotto l'aspetto artistico e... commerciale per gli inesperti!).

L'officina del calderaio, anche per la sua rumorosità, si trova sempre sul pianoterra della casa; gli attrezzi fondamentali sono: l'incudine a colonna, conficcata sul pavimento e su cui poggia rovesciata la caldaia per essere lavorata sul fondo esterno; il cavalletto di legno dal collo lungo per lavorarla all'intorno; vari tipi di tenaglie e cesoie, martelli di legno e di acciaio lucido, il grosso mantice per la fucina dove si usa carbone di faggio mescolato a koke. I calderai acquistano «a balle» i rami grezzi presso le ramiere (cf. Opera 68).

Il lavoro di «assestamento» o sviluppo di un oggetto di rame, dalla forma grezza a quella definitiva, richiede molto lavoro e talento; tra l'altro, quasi nessuna operazione può farsi a metallo freddo, perché ne verrebbe incrinato o rotto, ma sempre previo riscaldamento o «cottura». Una conca deve essere ripassata sul fuoco almeno 5 volte; lo stesso per la cùccuma, di cui prima si salda in ottone la lastra di rame; la manire vi passa 4 volte; per la caldaia media, basta un solo passaggio. Un artigiano molto abile impiega almeno una intera giornata per fare una conca media, lavorando dalle prime luci al tramonto.

 

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