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  Comune di Cellino Attanasio
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Il paese di Cellino Attanasio sorge su un colle, quota 429, che domina da sud la valle del Vomano nel vecchio territorio della colonia romana di Hatria.

Le testimonianze più antiche risalgono al Bronzo recente e finale con due insediamenti in località Monteverde; sul termine dell'età del bronzo una necropoli è attestata in località Valviano. In periodo italico (IV-III secolo a.c.) abbiamo un insediamento in " località Telesio e necropoli arcaiche a Case Rapacchietta e località Mingarelli.

In eta italico-romana un grande vicus è attestato in località Valviano con resti murari, acquedotto coperto da lastre calcaree e con edificio templare a Case Carnevale, testimoniato da due iscrizioni del II secolo a.c. in cui vengono nominati dei magistri vici: in una si legge che Marco Petrucidio e Pacidio, figlio di Publio, curarono (o restaurarono?) l'edificazione di un tempio con la realizzazione delle crepidini del podio, delle colonne e delle are sacrificali. Al villaggio era collegata una necropoli che ha restituito sepolture di età repubblicana con corredi in vasellame a vernice nera del III secolo a.C.

Altro vicus italico-romano è ubicabile in località Telesio con continuità abitativa per tutta l'età repubblicana alla media età imperiale, poi, nel tardo­antico trasformato in una villa rustica. Nella località Stampalone è documentato un probabile fontanile antico con vasca in opus tessellatum e il ritrovamento, nel 1890, di un tesoretto di circa 150 monete d'argento databili dal II al I secolo a.C. Intorno a questi insediamenti principali abbiamo una serie numerosa di piccole fattorie rustiche romane documentate nelle località: Case Rapacchietta, Artemisio, Case Luciani, Faiete, S. Martino, Colle S. Marco Petrollo, S. Maria di Scorrano, Case di Sante. Una necropoli di età imperiale è presente invece a Case Marano, mentre indizi di un'altra in località Medoro. La concentrazione di questi insediamenti intorno a Cellino e il vicino Cermignano, documenta il passaggio di una strada di crinale che da Hatria portava verso Basciano, strada che si collegava alla centuriazione della valle del Vomano.

Una grande villa romana di età imperiale, centro di produzioni agricole, è riconoscibile nella località Piano della Monaca con continuità abitativa fino al tardo antico (IV-VI secolo d.C.): ha restituito murature a ciottoli, una fornace in laterizio, un torcular e ceramica dal II al VI secolo d.C.

Nella successiva età altomedievale Cellino diviene sede di numerose piccole fondazioni monastiche benedettine come testimoniato nella Cronaca di S Vincenzo al Volturno ed in quella Cassinese: "Cellino cellae et cappellae" e una "Aquiluni curte" (Chron. Vult, I, 276,14; I 241, 25 - 264, 10); una chiesa di Sancti Flaviani, nelle vicinanze della Fonte Tecta, lungo il corso terminale del Piomba (Chron.Casin, Il, 12, 25) documentate nel X secolo d.C. Anche la località "Colle de Morte" (Montaldo dei Torroni) è citata nella donazione a Montecassino di Odemondo dell' ottobre del 987 d.C. (Chron.Casin, Il, 13, 20). E' probabile che Cellino derivi da un prediale tardo Cellianus, cosi come lo curtis e successivo incastellamento medievale di Aquilanam da un Aquilinus; lo stesso per la località Valviano data lo presenza di una proprietà tardo-antica, un fundus

Valvianus.. In età normanna, nel l 150-1167, sono documentati nel territorio di Cellino Attanasio ben sette castella posti nella Contea di Penne: Burello e Roberto di Cellino tenevano quello di Cillinam, feudo di tre militi (circa 380 abitanti); Trasmondo Castelli teneva quello di Balbianum, feudo di due militi e curato da Alessandro di Valviano (circa 260 abitanti); Berardo di Scarano teneva, per Trasmondo Castelli, quelli di Montem (Monteverde) e Mortulam (Colle della Morte) che erano nei possedimenti monastici di S. Giovanni in Venere, feudi di un milite e mezzo (c.195 abitanti ) Guglielmo Scarano teneva, per i due fratelli Burello e Roberto di Cellino, quello di Scorranum (Scorrano) feudo di due militi (c 260 ab); Oderisio di Collepetrano teneva quello di Aquilanam feudo di un solo milite (c 130 ab); Roberto e Rainaldo tenevano, per conto di Oderisio di Collepetrano, quelli di Castellum Vetulum (Colle Vecchio), feudo della terza parte di un milite (c. 43 ab) (Catal.Bar, 1074-75-76-77, 1181, 1183). Gli stessi castelli si ritrovano successivamente nel Diploma di Carlo I d'Angiò del 1273: Balbianum, Cellinum, Mortula cum Monte viridi, Aquilanum de Cellino, Scurranum (Far, 77).

Tracce archeologiche di questi insediamenti medievali sono attestate nelle località di Cellino Vecchio (con resti murari e ceramiche dal V al XIII secolo), a Montalto di Torroni o Colle della Morte con resti dell'incastellamento di Mortulam ed infine a Monteverde con resti murari riferibili al castello di Monte viridi. Altre attestazioni medievali sono le fornaci di calce delle località Fosso Pelagallo, Case di Sante e Castenuovo-Faiete.

Dal duecento fino al trecento Cellino fu sotto il dominio dell'Abate di S. Giovanni in Venere e di quello di Montecassino con le sue mura scarpate dotate di torrette rompitratta ad "U" e torre-mastio a pianta quadrata riconoscibile nell'attuale campanile della Parrocchiale. Due torrette rompitratta trecentesche con base scarpata terminante con modanatura orizzontale (toro) sono ancora visibili sul versante nord.

Sul finire del secolo XIV Cellino Attanasio passa sotto gli Acquaviva di Atri che lo trasformarono in un borgo ben fortificato dotato di restaurate mura scarpate completate con nove torrioni rompitratta ed angolari cilindrici. Nel 1462 il paese fu assediato e saccheggiato dalle truppe "angioine" di Matteo di Capua con lo morte di Giosia d'Acquaviva grande feudatario locale legato alla nuova dinastia Aragonese. L'ultimo avvenimento traumatico di Cellino fu l'ingresso, nel 1798, dell' armata repubblicana francese, documentato in una iscrizione incisa, con punte di coltello, sullo stipite del portale della chiesa parrocchiale.

Ben conservata è lo cinta muraria del borgo fortificato di Cellino Attanasio databile al tardo quattrocento, dopo lo distruzione di quella precedente ad opera delle truppe di Andrea di Capua nel 1462. Degli originari torrioni cilindrici ne rimangono solo due, uno rompitratta ed un'altro angolare. Il torrione rompitratta, posto vicino alla Parrocchiale, è realizzato in pietrame di arenaria locale con evidenti restauri in mattoni; presenta ancora tracce dell'apparato a sporgere e moderna volta superiore a padiglione. Il torrione angolare è realizzato in muratura di laterizio con apparato a sporgere composto da lunghi beccatelli, dotato agli inizi del


Novecento di merli ghibellini; presenta fori circolari per colubrine (cannoncini) e superiori feritoie per il puntamento e per l'uso dell'archibugio: l'ingresso posto nella parte bassa è di età post-­rinascimentale. Sopra il "torrione" è l'area detta "La Fortezza",  dove era il palazzo fortificato degli Acquaviva, ora ridotta a campetto di calcio. Nelle vicinanze è lo chiesa tardo-gotica di S. Francesco con il vicino Convento, ridotto successivamente in Caserma ed ora in fase di restauro: la facciata principale presenta forti manomissioni moderne, solo quella ovest e il transetto conservano interessanti monofore tardo-gotiche strombate verso l'esterno. Nell'interno dell'abitato è la chiesa parrocchiale di S. Maria la Nova, edificata probabilmente nel 1383 ricostruita in parte nel 1424 e successivamente modificata nel 1826. Sulla facciata è presente un notevole portale di gusto romanico opera di Matteo de Caprio del 1424, con superiore stemma degli Acquaviva e sovrastante rosone a ruota. Sul lato sinistro la massiccia torre campanaria, con superiore campanile in laterizio di stile atriano, che utilizza come base l'antica torre-mastio a pianta quadrata dell'incastellamento del XIII-XIV secolo: sul lato sud-ovest della torre è ancora visibile la posterula di ingresso originaria.        

L'interno, diviso in origine in tre navate, è ora visibile nella sistemazione in due sole navate; sulla navata destra si notano quattro grandi colonne con pregevoli affreschi trecenteschi frammentari e rovinati da scritte successive. Dell'arredo interno sono visibili: una colonna per cero pasquale del 1383; un tabernacolo in pietra per olii sacri datato 1472; il monumento funebre a Giovan Battista Acquaviva, morto a soli 14 anni, del 1496;l'altare maggiore e il tabernacolo seicenteschi in legno dipinto e dorato. Le tele che ornavano le pareti della chiesa, opere di Andrea De Litio, di Jacobello del Fiore e Niccolò Buonaccorso, sono ora nel Museo Nazionale dell'Aquila.

Fuori del paese, sotto la frazione di Scorrano dove si riconoscono resti di incastellamento medievale, è la chiesa di S. Maria di Musano, già menzionata nel 944 d.C. e successivamente, come cella e monastero di S. Vincenzo al Volturno, inserita nella curtis de Musiano (Chron. Vult., Indice S.v. Musano).

Attualmente si presenta completamente ricostruita, ma vi sono stati rinvenuti pregevoli frammenti di decorazioni architettonica riferibili ai secolo IX e X d.C.

 

 

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